La lotta al doping? Partiamo dal raccontare Marco Pantani
La lotta al doping, si volesse fare veramente qualcosa, non è questione di positivo o no, è la voglia di scardinare barriere di ipocrisia, cercare una via nuova, che non sia fatta solo di numeri, squalifiche e un silenzio in cui tutti sanno fingendo di non sapere. E’ questione di avere coraggio, lo stesso coraggio di Marco Pantani.

Combattere veramente il doping è questione di ripensare il sistema, partendo dal riscrivere le storie del ciclismo secondo verità ed è questione tutto sommato di capire finalmente la vera storia di Marco Pantani, la tragedie di chi in un mondo ipocrita ha saputo essere uomo, non accettando la finzione, fino a morirne. Marco Pantani è stato un uomo, travolto da un mondo che si autodefiniva pulito, ma poi la storia ha dimostrato non lo era. Marco Pantani è stato travolto dal vero doping, il miscuglio fra scienza, budget miliardari, sport circo mediatico e politica. Marco Pantani è stato uomo che ha lottato contro il “sistema” finanziario del ciclismo multinazionale da solo e che, da uomo lasciato solo, ha perso. E’ ora che lo si dica e che la storia dello sport pulito riinizi dalla sua vicenda, non da altre. Semplicemente basterebbe riscoprire quello che allora raccontava Marco, l’unico che diceva le verità che nessuno voleva riconoscere.
Insomma, se si vuole fare una lotta seria al doping, dobbiamo
partire dal rilanciare la sua figura d’uomo e atleta. La storia di un uomo che ha saputo dire di no. No alla finta distruzione del
ciclismo nel 98. No alle liste di prescrizione fatte su misura. No ai processi
sommari. No al trattamento disumano degli atleti del ciclismo. Mentre tutti
stavano zitti, lui ha detto no. E ha provato a dirlo anche dopo l’”incidente”
di Madonna di Campiglio. Marco è stato praticamente l’unico campione che ha avuto
il coraggio di combattere il sistema Armstrong. Lo abbiamo scordato?
Dopo Madonna di Campiglio (la sua non era una positività) Marco avrebbe potuto abbozzare, fare finta di niente, rientrare, rivincere, strappare contratti, e invece no, è andato avanti in una lotta disperata per la verità, non per la convenienza. Ha detto no ad indagini che riteneva ingiuste, mentre tutti stavano zitti. Ha detto no ad accuse unicamente personali che riteneva ingiuste, mentre tutti stavano zitti. Ad un certo punto si è sentito solo, perché è stato lasciato solo. Il resto è stato quello di una persona coraggiosa, che si accorge che non ce la fa a cambiare il mondo. Ne ha scelto un altro di mondo, tutto lì, non accettando l’ingiustizia di questo.
Ecco. Se il mondo dello sport volesse veramente cambiare, Marco Pantani, la sua vicenda, dovrebbe essere eletta a testimonial, perchè rappresenta quelli ormai pochi che hanno il coraggio di prendersi delle responsabilità, in un mondo che scappa, dicendo: riscriviamo le regole, assieme. Non accadrà, statene certi….
Giovanni Bettini :
Caro giornalista, caro autore. Parto con una premessa: chi scrive è montato in sella grazie a Pantani. OK Marco si è esposto al Giro del '99 per prendere una strada certa sotto il punto di vista dei controlli, ma ha peccato d'imprudenza perché ha corso creandosi attorno dei nemici non alleati. Prima di erigere Marco a testimonial pensaci due volte e consulta gli atti del processo Conconi e i numeri del file DLAB. Troverai alcuni dati interessanti su Marco che ti faranno cambiare idea... | martedì 20 ottobre 2015 12:00 Rispondi