Giro d’Italia, oltre Nibali il nulla

Proprio lo strapotere di Ulissi (più che comparsa nelle classiche di primavera che dovrebbero essere il suo terreno) mostra la dura realtà, quella di un Giro quarto-quinto al mondo. purtroppo una corsa in cui un cuore di guerriero come quello di Vincenzo ha tutto da perdere…

Una corsa a tappe di seconda fascia? Non lo merita la Storia del Giro, non lo merita il pubblico e nonostante tutto la cultura del ciclismo italiano ma purtroppo il Giro del 2016 mostra crudamente la realtà che di in anno in anno si fa più forte: come importanza dei partecipanti, come furore agonistico di quelli che vengono, come livello tecnico il Giro sta scadendo in maniera preoccupante.

Ulissi stravince? Grandi imprese, ma colte purtroppo solo qui, dopo una campagna del nord, per l’italiano da anni indicato come top, che lassù ha fatto come sempre fatica, e si è relegato a comparsa.

Qui Diego ha vinto due tappe, ma il Giro non può essere semplicemente un salva-stagione anticipato, dovrebbe essere la conferma di una grandezza colta anche altrove.

Purtroppo invece quelli stranieri, che anche altrove contano qualcosa, magari vincono qualche tappa, e poi se ne vanno pensando ad altro.

Altri da classificaa ci provano, e se non va si ritirano senza pensarci troppo.

Ok, Valverde sta onorando come sempre la corsa, ma probabilmente dovrà fare i conti con l’età. mentre altri giiovani provano la prima impresa di carriera, come una volta si faceva con la Vuelta o il Delfinato, che anche se non viene il podio fa niente.

In un Giro così, gente come Vincenzo, chi ci ha messo moltodella sua stagione, insomma chi crede ancora nella corsa rosa, nella sua storia, rimane solo e ha tutto da perdere, perché la sfortuna è veriabile pesante nel ciclismo.

Anche qualsiasi impresa colta in montagna, verrà sminuita, perché d’altre parti d’Europa la considerazione sarà sempre,: sì, ok, ma contro chi correva Nibali?

Peccato, è il Giro eppure verrebbe voglia di dire a Vincenzo non sprecarti, vinci con il minimo indispensabile e prova a pensare al Tour, sapendo però che là ci sono quelli scientifici, i bionici di autonomia 20 giorni all’anno, che aspettano, e qualsiasi sudore speso qui avrà il suo peso.

Quali sono i rimedi?

Difficile da dire, ormai in questo stravolgimento tecnico quello che sembrava un calendario favorevole è diventato un boomerang, beata la Vuelta che sta a settembre, e beate anche altre corse a tappe che essendo sul percorso di preparazione, trovano partecipanti più degni del Giro.

Fra i possibili cambiamenti annunciati però, partire dalla Cina, o dal Giappone come si vocifera, non pare comunque un grande rimedio per il ciclismo italiano.

Magari per certi portafogli di strutturasì, ma quella è altra variabile.