Giro di Lombardia: il Mondiale vero

Per un ciclismo più autentico di quello contemporaneo, il Lombardia era il Mondiale d’autunno, l’ultimo traguardo capace di salvare annate storte. Oggi, la programmazione del ciclismo scientifico lo mettono un po' in disparte, ma finchè i mondiali saranno come quelli di Richmond…

Il Giro di Lombardia ha fabbricato tante storie che in pochi oggi raccontano. Era la classica delle foglie morte, l’ultimo impegno prima del grande sonno autunnale. Era una corsa che segnava una carriera, e chiunque pensasse di avere una carriera degna, doveva vincerla. Il Lombardia ha reso famosa nel mondo del ciclismo e nel cuore dei ciclisti il Ghisallo, e nei decenni ha dato senso a salite anonime come l’Intelvi, o il San Fermo. Bartali, Coppi, Merckx, Gimondi, Hinault tra tanti altri, sono gente da grandi giri che ha onorato il Lombardia, facendolo contare come il Tour, perché così era. E così è.

Nonostante nel ciclismo tutto sia cambiato, l’albo d’oro del Lombardia anche in questi anni, tranne eccezioni casuali, è rimasto nobile. Nel podio trovi bandierine italiane, belghe, spagnole, francesi, al massimo irlandesi. Non ci sono ancora quelle del ciclismo scientifico, e anche questa cultura storica da una parte e assenza dall’altra, ha un perché che andrebbe raccontato.

Insomma, il Lombardia non è come appare oggi nei media un nome e una lista di partecipanti, ma un ciclismo da riscoprire. Storie che questo giornale, d’inverno, tornerà a raccontare, perché c’è una cultura profonda da risvegliare, ed è ora di farlo. Domani, il Lombardia parte da Bergamo e arriva a Como. Un percorso bello, sotto la pioggia, onorato da tutti gli atleti che ancora sentono il ciclismo come sport profondo, che merita un tempo lungo, diverso dagli altri.

Quindici giorni fa si è corso un mondiale assurdo, solo onorato da un grande vincitore. Domani sul Lombardia probabilmente pioverà e sarà ancora più vera la riscoperta di qel termine, mondiale d’autunno. Il vero mondiale. Quello domani sarà il Lombardia. Una selezione finalmente dura, fra tutti quelli che ci sono a ottobre e solo per questo meritano di chiamarsi campioni.

Ne mancherà uno nel nostro cuore, Aru, che la squadra ha scelto di far correre in un altro continente. Che dire? Ormai siamo colonia… Ma ci sarà Vincenzo Nibali, punta di una squadra fortissima. Sfiderà probabilmente innanzitutto gli spagnoli, un Valverde eterno e Purito, due volte vincitore. Poi Daniel Martin, il primo dell’anno scorso, ma anche molti altri che vorranno e potrenno contare se gambe e fortuna vorranno. La certezza è una sola, che alla fine vincerà un corridore vero, uno di quelli che ha saputo onorare una stagione, non qualche settimana.