Fabio Aru, il nuovo campione parte da radici antiche
Venticinque anni ha Fabio Aru, vincitore italiano della Vuelta. Nel ’98 aveva otto anni, l’età in cui si creano i miti. E’ cresciuto nel ciclismo degli anni duemila, quello che fingeva che Pantani non fosse esistito, eppure..

Fabio Aru è cresciuto col mito di Pantani: «L’unico ciclista che correndo ha veramente incantato tutta l’Italia, in ogni regione. E’ il mio mito».
La sua prima vittoria al Giro, nel 2014, è stata a Monte Campione , la montagna del duello fra Pantani e Tonkov. Quel giorno la stampa lo chiamò nuovo Pirata. “Io come Pantani? Non ho ancora fatto niente” disse quel giorno. Fabio è umile, realista. Ma Fabio è anche coraggioso. Ci prova sempre. Lotta, segue l’impossibile. Ieri, ha deciso di attaccare a quaranta chilometri dall’arrivo, l’unico modo che ha uno scalatore per smantellare un cronoman che si salva in salita. Ieri c’era il sole, a Les Deux Alp nel 1998 la nebbia, ma lo stesso in un duello che merita le giuste proporzioni, la sua voglia di andare ricorda un pochino il Marco di quel giorno, con Ullrich.
“Io non ho ancora fatto niente”. Disse Aru. Beh, vincere la Vuelta a 25 anni non è niente, è qualcosa. Qualcosa come ricordare Pantani (perché diversamente da altri a Fabio non dispiace il paragone con certi corridori) e partire dalla figura mitica di Marco per fare qualcosa. Aru e Pantani. Uno che li ha diretti tutti e due. Martininelli, il Martino, dice:
“Fabio mi ricorda Pantani per come gli sono legato. Marco per me era un figlio, mi ha dato soddisfazioni irripetibili, era un fenomeno. Fabio l’ho visto crescere, lo seguivo già da dilettante. Pur essendo giovane ha lo stesso carisma e come Marco se essere leader e protagonista, cosa non facile in un team multinazionale come l’Astana. Anche lui è uno scalatore venuto dal mare e come Pantani ha uno straordinario legame con i compagni di squadra. “ Se lo dice Martinelli, si può amare il ciclismo di Aru sperando che alla fine ci ridia quello di Marco, innanzitutto perchè Fabio, da ciclista italiano, sa bene dove sono le radici che rendono un corridore campione, e sa bene anche che quelle radici passano da tanti miti e un piccolo grande uomo di Cesenatico.