Alpe d’Huez: quando il doping si chiama classe
Il ciclismo che scriveva leggende è morto quando alla fatica si è cominciato a sostituire i numeri. Ci sono volte, però, che anche i numeri possono raccontare qualcosa. Domani, il Tour 2015, si spegne sull’Alpe d’Huez. Un nome leggendario. Sulle scalate all’Alpe girano delle tabelle cronometriche che fanno la graduatoria della sua scalata. Marco in salita non contava numeri, scriveva poesie. Ma lo stesso quelle tabelle qualcosa raccontano, eccome se la raccontano…

Anno dopo anno, i tempi delle scalate dell’Alpe D’Huez hanno
fornito dati e costruito tabelle. Quelle graduatorie non sono univoche, dipende da dove è stato dato il via al cronometro.
L’unico denominatore comune è il detentore della scalata più veloce: Marco Pantani.
La prima di
queste tabelle, mette davanti la scalata del 1995. Ve lo ricordate? Era l’anno
del primo incidente. Quell’incrocio maledetto. Saltato il Giro d’Italia, Marco puntò al Tour, che lo aveva visto sorprendente terzo l’anno prima
(altra scalata in tabella). Vinse due tappe, una quella all’Alpe, la sua prima
al Tour, dove molla i migliori a 14 chilometri dalla fine, raggiunge il
gruppetto e arriva solo. Marco si era appena tagliato i capelli, stava
crescendo come uomo e corridore, era pronto per le leggende che verranno.
I numeri, dicevamo, non fanno la storia del ciclismo. Resta il fatto che sono un dato inoppugnabile, e Marco riempie da primo (un’altra riporta come scalata più veloce quella del 1997) quelle tabelle in cui gli altri, tutti gli altri, se va bene appaiono come casuali comparse. Armstrong in due edizioni, gli altri una volta sola.
Intorno alla seconda metà degli anni novanta, l’eroe di Francia era Richard Virenque, poi travolto in
pieno nei giorni bui della Festina (dicono che si tinse i capelli per alterare eventuali
esami).
L’eroe
di Francia (anche quella attuale, visto che oggi è testimonial bello e brillante della solita marca di orologi) che la Francia ufficiale ha salvato
crocifiggendo poi un innocente, in tabella è decimo. Jan
Ullrich, un avversario terminator, anche lui reo-confesso postumo (comunque i
suoi nemici principali erano la pastasciutta e la pausa invernale), anche lui in tabella appare una volta, guarda
caso proprio cercando di seguire Marco in quel 1995. Anche Riis compare una volta, e
sappiamo bene perché.
Due volte nelle tabelle troviamo Lance Armstrong. Beh, lasciatecelo dire, che bello che nonostante tutta la sua scientificità, la sua esplosività, la sua eroicità tanto decantata dal Tour, anche lì lui sia dietro a Marco.
Insomma, al di là di ogni considerazione partigiana e di ogni luogo comune idiota, quel magrino di Cesenatico che già da bambino in corsa mandava avanti gli altri corridori, si fermava e poi si divertiva a raccoglierli in salita, anche con i numeri dell’Alpe può dimostrare una cosa sola: che il suo doping si chiamava classe, anche se questa è una legge che dal Tour e dal ciclismo “ufficiale” non fu mai riconosciuta. D’altra parte va bene anche così, Marco scriveva poesie. Che c’entrano coi numeri? E con il ciclismo ufficiale di oggi?
