Nole l’invincibile, Murray l’uomo: il futuro è loro

Tre set, combattuti il giusto ma che alla fine hanno dato l’ennesima indicazione: Djokovic è nettamente superiore ad ogni avversario. Questo lo sport. Queste settimane, però, hanno dato risvolti umani che sono stati resi ben visibili dalla finale.

6-1, 7-5, 7-6.  Gli Australian Open maschili tecnicamente non hanno detto nulla di nuovo, anzi, hanno portato il circuito all'undicesima vittoria di uno slam da parte di Djokovic.

Hanno aggiunto qualcosa invece per quel che riguarda la sfumatura umana dei due finalisti, gli stessi che presumibilmente si giocheranno il tennis dei prossimi anni.

A chiusura del match, nelle interviste, abbiamo sentito poco commento tecnico e tanta emozione.

Innanzitutto il riconoscimento dello sconfitto: "Sei un campione, un grande amico ma io sono nel periodo migliore della mia carriera” ha detto Djokovic, riconoscendo anche i giorni difficili di Andy, con la testa metà in Australia e metà a casa, con la moglie vicina al parto e il suocero (allenatore) in ospedale a Melbourne per un improvviso malore.

“Sono stati giorni duri” ha ammesso Murray.

Ecco, proprio l’essenza di queste sensazioni lasciano intravedere che il prossimo futuro del tennis lo scriveranno questi due.  Certo, la distanza in Australia è apparsa ampia ma è anche vero che stati d’animo e motivazioni erano opposti, e non sempre le cose saranno così.

Dal punto di vista tecnico, il Djokovic di Melbourne è apparso invincibile, capace di rispondere tutto, perfetto in ogni fase. Di fronte ad un muro simile, un Murray anche a posto psicologicamente è destinato a soccombere. Ma non è escluso che comunque possa migliorare, il dritto pare il colpo più debole dello scozzese rispetto all'altro, e su questo può crescere. Un miglioramento che potrebbe dare un minimo di incertezza ad un circuito maschile che altrimenti potrebbe essere destinato alla noia dei record di imbattibilità e slam in serie.