Italrugby: Parisse e Allan, il futuro possibile
Disillusione. Dopo le due partite degli azzurri ai Mondiali, l’umore è nero tanto che non fa sperare in un miracolo contro l’Irlanda. Uniche note positive? Un capitano che torna per fare il capitano e Allan, un talento che ha scelto di essere italiano.

Nei pronostici per la partita contro l’Irlanda l’umore va dal disastro alla resa onorevole, è impossibile trovare qualcuno che dica: ce la possiamo fare… E’ questo il dato oggettivo di uno sport che difficilmente mente, perché a contare è la somma aritmetica dei valori dei 15 da una parte contro i 15 dall’altra, e singole eccellenze e evenienze raramente possono fare miracoli. Così, il dibattito tecnico della vigilia è se Parisse si dovrà farlo giocare o sarebbe meglio tenerlo per la partita contro la Romania, dove potremmo perdere l’onore di un posto di diritto nel Mondiale.
In questa aria paludosa, almeno nel pre-partita sarebbe bello trovare qualcosa di positivo. Ecco. Il primo segno è quello di un Parisse che potrebbe non tornare e invece torna, ancora una volta mettendoci la faccia con alte probabilità di fare la solita misera figura, lui che invece ha solo la sfiga di sentirsi italiano, dato che potenzialmente potrebbe degnamente vestire la maglia di qualsiasi altra nazionale in campo. Questa voglia di tornare di esserci del capitano, non è segnale da poco e merita almeno un segno di approvazione fra tanto borbottio. E poi Tommaso Allan. Nel 2013 ha scelto, consapevolmente, l’Italia, solo perché si sente un rugbista italiano, come denuncia il suo accento veneto. Una crescita dove si parla inglese, una progressione tecnica ora a perpignano, dove si parla francese e storia del rugby, ma lui davvero si sente italiano. Ed è lui che in questi giorni ha deciso di parlare coi media, una responsabilità che lo rende già protagonista di un futuro possibile. Ecco, mentre il Mondiale italiano è a metà ma già volano gli stracci della colpa fra politici, tecnici e giocatori, un pensiero positivo lo faremmo partire da questi due. Sergio Parisse, il fuoriclasse che non avrebbe bisogno della maglia azzurra ma sceglie lo stesso di portarsela addosso così pesante e a volte umiliante com’è e Tommaso Allan, un sangue che poteva scegliere fra la ragione tecnica e il cuore, ed ha scelto la seconda. Se dopo i Gavazzi, i Brunel, la generazione di giocatori che va terminando ripartissimo da loro? Magari una speranziella ci sarebbe…