Italia e Rugby: la rivoluzione può partire dai Mondiali

Non c’è molta fiducia per le prestazioni del 15 azzurro in terra di Inghilterra. E’ imminente l’uscita dell’ennesimo ct, e l’Italia è sempre lì, incompiuta. E' solo il campo però che può segnare l’inversione di tendenza

Italia e Francia si incontreranno stasera nella prima partita del Mondiale inglese. Insomma, il 15 italiano debutta nella maniera più dura, con la più forte del gruppo. Si va a vedere la sfida con un  po’ di curiosità ma anche poche speranze, troppe volte in questi anni le aspettative sono andate deluse, e il pubblico italiano del rugby ha imparato a respirare il clima, la cultura, la civiltà del rugby ma un meno cosa vuol dire vincere. La storia di questa generazione di rugbisty, forse la più internazionale,  è stata difficile, non entusiasmante, con il punto più basso messo proprio alla vigilia di questi Mondiali, il litigio fra giocatori e federazione, con il presidente Gavazzi che proclama di volere “una squadra di rugbisty e non pensionati” e il fronte degli ex nazionali (Bergamasco e Giovanelli) che dall’altra parte esplode contro le scelte politiche come quella di Brunel e i suoi predecessori “allenatori che scambiano l’allenare l’Italia come un lavoro dal minimo impegno, senza prendersi rischi e metterci fantasia”.

Brutta situazione, l’unico modo per uscirne vincenti è che da stasera possa parlare lo spirito del rugby attraverso giocatori che per l’Italia non si sono mai tirati indietro, con prestazioni finalmente incisive in terra inglese. Così fosse, sarebbe il modo per spazzare le chiacchiere di chi ormai impugna il rugby da una scrivania e ributtare la palla ovale dove deve essere, sul campo. Il primo passo di una rinascita, e di una rivoluzione, potrebbe partire in queste settimane dall’Inghilterra, perché dopo una prova positiva, al punto in cui è arrivata la dialettica, su un eventuale carro dei vincitori è difficile possa salire chi ha buttato in campo polemiche preventive. Insomma, sarebbe bello che il nuovo corso possa avere la parola d’ordine “l’Italrugby ai rugbisty che vanno sul campo” e non a quelli che stanno gestendo il secondo budget sportivo dopo il calcio, senza risultati apprezzabili. Una federazione che rinasca dal basso dopo un Mondiale positivo sarebbe forse l’opzione migliore, meno tecnicamente traumatica, ma non sarà facile, ci sono di mezzo la Francia, l’Irlanda ed altre nazioni che ricordano i quindici azzurri di tanti anni fa: poche chiacchiere, unità e tanta voglia di emergere.  .