Moto GP, al di fuori della playstation esisti ancora?
E’ questa la domanda dopo i cazzotti dell’affaire Lorenzo, Marquez, Rossi. Perché sta ripartendo la stagione e ancora siamo fermi alle chiacchiere, su cosa fa l’uno, o l’altro. Ora però sarebbe tempo però di occuparsi delle corse. Delle moto. Dei piloti. Se tutto ciò ha un senso……

Guardate che di temi tecnici su cui scrivere ce ne sarebbero, uno su tutti le nuove gomme, e il fatto recente dell’esplosione del posteriore di Baz, che ha dato qualche preoccupazione ma nessuna isteria e timore particolare, anche perché in fondo, di qualsiasi marca, le gomme è sempre capitato talvolta non tenessero, per fattori legati più che alla tecnologia del materiale, alla pressione, o al carico o contingenze varie.
Oppure la non rilevanza della nuova centralina unica, di cui tutti paiono contenti. E non mancherebbero neanche temi umani alternativi, uno su tutti Stoner, tornato a misurarsi con un mondo che l’aveva pronosticato campione ma in cui si era poi umanamente perso. E invece, ancora, si torna a scrivere dell’azienda di Rossi che si libera di Marquez, o a occuparsi delle esplosioni di gelosia di Lorenzo che dice che la Yamaha preferisce l’altro, Valentino, perché è più popolare.
Dato che nessuno impone alla comunicazione di cosa trattare, probabilmente questo inizio di stagione bassamente monotematico è lo specchio della crisi involutiva, isterica e pettegola, che tutto lo sport, e anche la moto gp, sta attraversando.
La ricetta sarebbe una ridefinizione culturale di cos’è il motorismo, da dove viene (le sue storie), da chi è vissuto (l’umanità e la specificità dei piloti) e i sentimenti di chi lo mantiene (la passione dei tifosi).
Certo, è un lavoro rispetto ai canoni di oggi, assai faticoso ma alla fine sarebbe un investimento sulla durata e sul senso di uno sport che rischia sempre più di essere assorbito dallo schermo di una playstation.