Memories: l'ultimo Derby Romano del '900

21 novembre 1999. Quelli erano tempi da stadi pieni, Derby intensi e squadre da scudetto, come la Lazio dimostrò. Il Derby di andata però raccontò un'altra storia.

ROMA-LAZIO 4 1

ROMA  Antonioli, Zago, Aldair, Mangone, Cafu, Zanetti (67 Di Francesco), Assuncao, Candela, Totti (90 Fabio Junior), Montella, Del Vecchio (60 Tommasi).

 

Allenatore: Capello.

LAZIO  Marchegiani, Negro (47 Favalli), Nesta, Mihajlovic, Pancaro, Veron, Simeone, Almeyda (60 Conceicao), Nedved, Boksic, Salas (73 Inzaghi).
 
Allenatore: Eriksson.

Arbitro: Tombolini


RETI: 7' Delvecchio, 11' Montella, 26 Delvecchio, 31 Montella, 52 Mihajlovic (R)

 

 

Quell’anno la Lazio era una grande Lazio, che ad inizio stagione aveva conquistato la supercoppa Europea contro il Liverpool e poi vinse lo scudetto. La Roma fu un po’ meno vincente (si rifarà però l’anno dopo conquistando a sua volta il tricolore) ma colse comunque una grandissima soddisfazione, cioè il Derby di cui parliamo, in cui i biancazzurri furono annichiliti con quattro pappine in una mezz’ora, reti che addirittura parvero poche rispetto ai pesi reali visti in campo.

La sfida (da scudetto come titolava alla vigilia il Corsport) era di altissimo livello: lo dimostravano anche le panchine, con un Eriksson in annata assolutamente illuminata  contro un Fabio Capello che, d’altra parte, in questo Derby non sbagliò nulla.  Allo svedese dopo la disfatta si imputò di aver disegnato un fuorigioco troppo alto, in cui l’undici impostato da Capello si trovò a nozze.

Fatto sta che, tattica sbagliata o no, per i biancazzuri quella nottata novembrina fu un incubo da cui comunque riuscirono ad alzarsi in fretta. Una serata storta, insomma, ma comunque impietosa se si pensa che in mezz’ora il quattro a zero, per quel che si vide in campo, avrebbe anche potuto essere un ben più tondo otto,.

Eroe giallorosso di giornata fu il giovane under 21 Cristiano Zanetti, che aveva lasciato seduto in panchina il più esperto Tommasi. Quella del ragazzo fu una partita da 10, e a dimostrarne la personalità fu il là alla prima rete di Del Vecchio (la marcatura che mise subito la Lazio sui ginocchi) attraverso un lancio in velocità che smarcò tra la larga rete laziale  l’attaccante dai lunghi capelli per una facile segnatura.. Quattro minuti dopo, altro giro altro regalo, più o meno nelle stesse modalità: una difesa biancoazzurra troppo alta tanto che la respinta dall’area romanista diventò un lancio per Montella per una azione che finì con il classico gesto delle braccia aperte fra le nuvole. Per il tre poi, scenderà in campo personalmente il “capitano” Totti, che in dribbling sembrerà una lama affondata nel burro della difesa biancazzurra, fino al cross in area a cercare il facile tocco di Del Vecchio, favorito da un rimpallo. 

Il quarto goal (alla mezz’ora) fu paradigma perfetto di quel Derby, con un pallone che dall’area romanista saltò tutto lo schieramento laziale e arrivò fra i due attaccanti giallorossi che ebbero solo da fare bim bum bam, per chi metteva in porta. Vinse Montella, a far paio con la doppietta del compagno. Con l’ennesima esecuzione coreografica dell’areoplanino, la partita finì, perfettamente rappresentata da un Eriksson in versione statua di ghiaccio a guardare il campo come fosse il regno degli incubi. Sì, la Lazio sbattuta e avvilita, dopo qualcosa provò, raccolse un contrastato rigore ad inizio secondo tempo per un tocco di mano di Aldair, ma la classica corsa di Mihajlovic a raccogliere la palla nel gesto di chi vuole rimontare fu più che altro un atto dovuto. I trentacinque minuti rimanenti segnarono solo un palo del solito Sinisa su punizione, e poi via, con il trionfo sotto la sud.. . .