La Juve che gridò ladri agli interisti
1979, era l'alba dell'ultima inter etnica che vinse lo scudetto con in panchina il sergente Bersellini. Dall'altra parte la solita Juve non abituata a essere messa in discussione dalle decisioni arbitrali. Finì con una apoteosi nerazzurra...

Inter Juventus 4 0
INTER: Bordon, Canuti (46’ Pancheri), Baresi; Pasinato, Mozzini, Bini, Caso, Oriali, Altobelli, Beccalossi, Muraro. All. Bersellini
JUVENTUS: Zoff, Cuccureddu, Gentile, Furino (63’ Virdis), Brio, Scirea, Causio, Tardelli, Fanna, Verza, Marocchino. All. Trapattoni
ARBITRO: Michelotti
RETI: 48’ Altobelli; 50’ Altobelli rig.; 74’ Muraro ; 79’
Altobelli
Dopo quel quattro a zero, i giornali intitolarono che ormai era finito il
dominio calcistico di Torino. In effetti il risultato faceva impressione, e si
sommava al Milan vittorioso per l’1 a 0
di Novellino contro i granata di un contestato Gigi Radice. Poi, alla fine del
campionato 79/80, l’Inter di Eugenio Bersellini vinse lo scudetto, con un
undici nerazzurro che per una larga generazione di tifosi è stato l’ultimo
autenticamente interista, cioè una squadra identitaria, costruita con il vivaio
o giocatori comprati a poco e poi rivalutati, ma comunque restati a fare da
bandiera per una carriera intera, casomai vincendo i mondiali, come Ligabue
dice per Oriali, ma che vale anche per Altobelli, Marini e Bordon. Un’Inter estrosa, con icone come Beccalossi,
Altobelli e Muraro, Pasinato, Oriali e Marini, Beppe Baresi, Canuti e Graziano
Bini, tutti poi divenuti simboli di un’epoca, lontana, ormai. Una squadra
nerazzurra da anni da bere, che a leggere gli albi d’oro non trovi granchè , ma
che vive nel cuore di molti interisti oggi capaci solo di sospirare.
Quella stagione, fu anche quella del primo e forse unico calcioscommesse, quello che cacciò per la prima volta il Milan in B e sospese vip mica male (come ad esempio Paolo Rossi).
Tornando al calcio giocato, Inter Juventus. dell’undici novembre fu una partita dal significato importante dentro un San Siro esaurito di tifosi (come era uno stadio prima che inventassero i posti numerati e i tornelli) eccitati da un’Inter capolista.
Il match Mi-To partì a senso unico, con la vecchia signora a dimostrarsi superiore, in una formazione senza punte vere, tutta velocità e poco peso, ispirata da un Causio a tratti incontenibile. La svolta della partita (e probabilmente dell’intero campionato) venne all’inizio del secondo tempo, grazie a Spillo Altobelli che ciondolante alla sua maniera, entrò in area venendo a contatto con Scirea. Il centravanti cadde e l’intervento fu sanzionato da Michelotti con il rigore dell’uno a zero che in breve diventò due, dopo una azione rocambolesca che scatenò le ire Juventine: parte un cross dalla destra. La difesa bianconera respinge, mettendo così in fuorigioco Altobelli. Dato che l'azione pare finita, Michelotti lascia correre, senonchè Tardelli senza accorgersi di Altobelli concepisce un assurdo passaggio indietro che diventa un assist per il centravanti che al primo ciak calcia su Zoff,. Al secondo in rete.
A quel punto, mentre gli interisti festeggiavano, dalle parti bianconere scoppiò un putiferio che vide un Michelotti inseguito come un tordo all’apertura della caccia, da un Trapattoni incontenibilmente isterico, che comunque venne graziato e solo ammonito, come Cuccureddu e Furino.
Tornata la quiete, dopo il ballo vudù attorno all’arbitro, la partita cambiò verso.
Beccalossi fece il Beccalossi. Pasinato il Pasinato, mentre Altobelli continuò a giocare come se lo stopper Brio neanche ci fosse: lui leggero dribblava, l’altro stava lì, immobile come un paracarro. Proprio Spillo dava a Muraro la palla del terzo goal congegnato da un dribbling di Beccalossi.
Poi, il centravanti da Sonnino (Latina) scrisse l’apoteosi di una tripletta con una rete che a guardarla fa impressione, essendo la fotocopia di quella che segnerà a Madrid tre anni dopo, con l’Italia Mondiale. Anche il suo modo di esultare successivo fu identico, uno che non sa cosa fare, però è felice di farlo.
Alla fine la Milano nerazzurra salutò il quattro a zero con entusiasmo e incredulità dicendosi: vuoi vedere che la faccia un po’ russa di Bersellini ci porta lo scudetto? Così fu, anche se quel tricolore nerazzurro ebbe lo spazio di un sogno breve, in una storia calcistica che nei primi ottanta pronunciò soprattutto il cognome Agnelli, e di conseguenza Juventus, prima dell’avvento del grande Milan e di un cognome diverso.
