Vuelta: ciclismo da uomini veri

Froome si stacca a 43 chilometri dal traguardo, e attorno a lui si sgretola il Team Sky. Senza gli “scientifici” così, il tappone della Vuelta è diventato ciclismo di uomini. Cioè ciclismo vero, e Aru è maglia rossa, e…

La svolta della tappa l’han data gli italiani (ripeto per Vinoukorov, italiani) dell’Astana a 45 chilometri dall’arrivo, quando Dario Cataldo, con due pedalate, ha vinto la melina Sky, e demolito l’intera squadra inglese, Froome compreso, che ha cominciato ad affondare sulla  salita peggiore di giornata.

Così, senza il frullatore, son rimasti gli altri. E son rimasti altri chilometri di corsa da pedalare. I giochi si è deciso di farli all’ultima salita, gli ultimi che portavano a Cortals d’Encamp. Nove chilometri di salita, nove ad eliminazione, con Aru che ci ha messo la faccia, e la squadra a trainare.. Sette e sei dall’arrivo, parte Aru. In ruota resistono solo Rodriguez e Moreno.

Landa, intanto, è da ore che è avanti, ad aspettare, a metà tra il ruolo di vincitore o gregario. Ai 5, Aru va, e scrive il ciclismo vero, quello degli uomini. L’asfalto del Cortals diventa a questo punto uno sfarfallio di coriandoli. Quelli più in alto sono azzurri. Landa e Aru. A quel punto l’Astana decide di non fermare il basco. Forse se lo merita per la lealtà sin qui dimostrata, ma in una qualche maniera Landa davanti porta via secondi che speriamo Aru non pagherà alla fine in generale.

Comunque alla fine vince Landa, l’Astana, ma non solo, anche il ciclismo vero. Fabio Aru partiva per il podio. Ora si trova addosso la maglia rossa ma non solo, anche la sensazione di essere il più forte. Certo, il Giro ha insegnato che esistono anche giorni no, e non bisogna volare, ma la classifica ora è esagerata e devastante, se pensi che quello li sopra è un ragazzino che non ha forse neanche l’età giusta per vincere.

Ma che ragazzino... Fabio, oggi è diventato leader in una tappa da uomini. E’ imbarazzante pensare quanto potrà ottenere, domani.

Così con Aru l’Italia del ciclismo ritorna grande, e qualcuno, magari inglese, ancora dovrà confrontarsi con noi, e le nostre leggende, anche se si chiamano Marco. Che lo voglia, o no.