Quando il cambio faceva clic
Tempo di Tour. Quale Tour? Fino a poco tempo fa il cambio delle biciclette faceva clic. Il corridore cambiava, si alzava sul sellino e partivano le leggende. Adesso no, il cambio è elettronico. Silenzioso e splendidamente tecnologico. L'Italia allora cresceva. Oggi no.

La passione, l’amore, e lo sport. Prendi il ciclismo. Shimano ha da poco
lanciato il nuovo cambio elettronico. Shimano. Ovvero il brand come si
dice oggi, che nell’ultimo trentennio ha dato impulso affinché la
bicicletta fosse degna del termine tecnologia. Come non ricordare, nei
primi anni ottanta, l’avvento delle mountain bike corredate
dell’innovativo cambio SIS con quel manettino al manubrio che travolse
anche il ciclismo tradizionale. E poi, con il SIS e dal SIS, la tripla
moltiplica davanti, e i pignoni a sette, otto, nove e dieci denti. Sì,
grazie anche alla giapponese Shimano, oggi le bici sono prodotto degno
dei mercati d’avanguardia e possono competere per ricerca sui
materiali, con la tecnologia automobilistica come dimostrerà il prossimo
cambio elettronico che nella pratica per chi pedala sarà
sostanzialmente un pulsantino sul manubrio che indurrà un movimento
meccanico, calibrato, dolce. Sparirà del tutto il tipico suono clack e
udiremo un semplice ZZZ.
Sì. ZZZ. Come un timido dormire.
Ma la passione, e lo sport, un tempo erano un’altra cosa…
Nel 1948 la Maddalena era una semplice cicatrice di terra. Una mulattiera, non certo una delle autostrade future che sarebbero state tatuaggi dell’Italia nuova. La Maddalena del 1948 non era strada degna per scrivere leggende ma chi aveva tracciato il Giro non se ne era preoccupato. C’era altro a cui pensare. Millenovecentoquarantotto. Giorni di dopoguerra, di tempra e passioni in un paese da ricostruire. Italia repubblicana, voglia di cose nuove, di fare, rinascere. Passione di popolo in fermento anche dialettico, come la polemica tecnica che solcava il ciclismo: la lotta fra il cambio Campagnolo e il Simplex francese. Diatriba anche nazionalista, un po’ democristiana e un po’ comunista. Il secondo, il Simplex, deragliatore che quando cambiava non faceva fermare la pedalata era il cambio scelto da Fausto. Simplex. Un clack. E via. Via. A fare, creare, tormento che non lascia tranquilli, che non fa dormire.
L’inizio della Maddalena è incerto, come sono incerti i vagiti di una tappa importante. Corridori che si guardano. Corridori che respirano incertezze. Corridori che cercano di scrollarsi da dosso i dubbi.
Dubbi.
Le gambe, andranno? Chi sarà il primo a saltare? Chi? Chi! Sostanza fastidiosa, l’attesa! Troppo noiosa per quell’Italia inquieta, assillata dal riscatto della rinascita, passione verace che non lasciava dormire.
- Che c’è Fausto?
Lui non risponde.
- Che c’è Fausto?
- Sandro, non senti la catena come cigola? E’ il Simplex che non corre giusto. Non senti?
No, Sandro Carrea non sente niente e anzi si chiede come il suo capitano possa dentro la confusione che li circonda, sentire una catena cigolare.
Già, c’era tanta confusione sulla Maddalena.
Una confusione infernale.
Fausto!!! Gino!!! Gino!! Fausto, come gridava l’emozione della gente che strillava campioni troppo vicini per non urlare. Frastuono. Motori che sputavano lubrificante, che gracchiavano. Carburatori assemblati male, da fabbrica ricostruita dopo i bombardamenti.
No, non era da leggende quella Maddalena confusa da mille passioni. Era solo via di uomini, sudore, carrozzerie e motori. Davvero, dentro tutta quella confusione Fausto Coppi come poteva pensare alle leggende? Davvero, dentro tutta quella confusione Fausto Coppi come poteva cogliere un cigolio?
- Sandrino, il Simplex cigola!
Carrea sbuffa.
- Sarà un po’ di polvere, arriviamo in cima che poi lo oliamo ‘sto cavolo di cambio francese! - Però, mentre risponde, Carrea si accorge che un po’ più avanti Gino li scruta malizioso probabilmente chiedendosi se in Fausto qualcosa non vada. Sandro è uno che sa difendere il capitano, e capisce che non può dare a Bartali la sensazione che Fausto non sia a posto. Così sbuffando rallenta e si fa superare da tutto il gruppo per aspettare l’assistenza tecnica. E chissà dentro ogni pedalata degli altri che lo superavano Sandro Carrea a cosa pensava sapendo che poi, tutti quelli avrebbe dovuto ricuperarli con il capitano al fianco.
Già, chissà Carrea cosa meditava mentre si sacrificava per il capitano. Se speculava sui capricci di un campione o sull’ubbidienza, dote che per campare un gregario deve garantire. Chissà se Carrea preferì ragionare sul genio di chi vince, o piuttosto sulla miseria di chi l’aiuta. Però, a pensarci bene, Carrea sulla Maddalena come l’Italia nel primo dopoguerra non aveva né la voglia ne’ il tempo per filosofeggiare. Il sudore, ogni sudore, impone pensieri ben più semplici, come maledire la miseria e un po’ anche la passionaccia che fanno fare cose strane, ad esempio sgobbare su una salita con un oliatore in mano in una cavolo di tappa alpina che partiva da Cuneo e arrivava a Pinerolo.
E sì, nel 1948 la Maddalena era una semplice cicatrice di terra, e nessuno pensava alle leggende, anche perchè le Storie con la s maiuscola le scopri solo voltandoti indietro. Non si dice mai sto facendo la Storia. Quello accade solo nelle fiction, che però sono altra roba, fatta per un popolo che guarda i ricordi, non per chi li vive.
Metà salita. Fausto ha il piede a terra e mentre sta oliando la catena d’improvviso alza il capo, richiamato dal gruppo teso come l’elastico di una fionda.
E’ che davanti, un po’ alla furba e un po’ alla vigliacca, hanno attaccato. E’ andato via Volpi e dietro a lui si è agganciato Bartali, furbo e silenzioso. Dentro il cazzotto che colpisce la corsa, dentro lo schiaffo che graffia l’uomo in bianco-celeste, dentro l’orgoglio offeso che lo fa risalire in sella la Maddalena è come una vecchia coperta sbattuta e così nessuno saprà mai descrivere l’espressione del campionissimo mentre si alza sui pedali e parte.
- Adesso sì che la catena gira bene-. urla Fausto, al suo Carrea. Clack!
- Adesso sì - dice Fausto, lasciando il manettino. Clack!
Fausto lo urla per far contento il suo gregario, ma Carrea non può sentirlo. E’ ormai troppo staccato. E per quel giorno, quell’accento un po’ Liguria e un po’ entroterra non lo potranno sentire neanche Gino, ne’ Volpi, ne’ tutti quelli che erano partiti da Cuneo credendosi campioni e che invece sulla Maddalena si sentirono semplicemente superati.
L’airone aveva aperto le ali su quella Maddalena e su quell’Italia che voleva andare avanti, allargando il confine fra passato e futuro stessa differenza che quel dopoguerra imporrà a centro e periferia, nord e sud.
E a noi, che adesso guardiamo da lontano aspettando l’avvento del cambio elettronico come può sembrarci strana la storia di quella Cuneo-Pinerolo in cui nomi semplici e banali come Vars, Isoard, Monginevro e Sestriere si sporcarono di leggenda.
E invece, non ci fu niente di strano. Semplicemente un’Italia che aveva la voglia di scrivere leggende trovò il nome da urlare rialzandosi: quel nome era Fausto Coppi.
Sì. Su quella terra di nessuno chiamata Maddalena, emblema di un mondo che per orgoglio sapeva risalire in sella, il campionissimo insegnò a tutti il significato della parola volare, esattamente come i nostri nonni insegnarono i significati della parola miracolo: scendere in campo, cercare cose nuove senza conservare per paura dell’altro o perdere la poltrona. Giocarsela, vincersela o perdersela lottando disperatamente con l’unico scopo di non morire in un mondo uguale a quello in cui si era nati. Già. Cercare qualcosa di nuovo. Più profondo.
Era ieri. Nell’oggi la Shimano è pronta a lanciare sul mercato il cambio elettronico.
Nella pratica, per chi pedala, sarà sostanzialmente un pulsantino sul manubrio che indurrà un movimento meccanico, calibrato, dolce. Sparirà del tutto il clack e avremo un semplice ZZZ. Sì, avete capito bene. ZZZ, come si dorme nel mondo dei fumetti.
Sì. ZZZ. Come un timido dormire.
Ma la passione, e lo sport, un tempo erano un’altra cosa…
Nel 1948 la Maddalena era una semplice cicatrice di terra. Una mulattiera, non certo una delle autostrade future che sarebbero state tatuaggi dell’Italia nuova. La Maddalena del 1948 non era strada degna per scrivere leggende ma chi aveva tracciato il Giro non se ne era preoccupato. C’era altro a cui pensare. Millenovecentoquarantotto. Giorni di dopoguerra, di tempra e passioni in un paese da ricostruire. Italia repubblicana, voglia di cose nuove, di fare, rinascere. Passione di popolo in fermento anche dialettico, come la polemica tecnica che solcava il ciclismo: la lotta fra il cambio Campagnolo e il Simplex francese. Diatriba anche nazionalista, un po’ democristiana e un po’ comunista. Il secondo, il Simplex, deragliatore che quando cambiava non faceva fermare la pedalata era il cambio scelto da Fausto. Simplex. Un clack. E via. Via. A fare, creare, tormento che non lascia tranquilli, che non fa dormire.
L’inizio della Maddalena è incerto, come sono incerti i vagiti di una tappa importante. Corridori che si guardano. Corridori che respirano incertezze. Corridori che cercano di scrollarsi da dosso i dubbi.
Dubbi.
Le gambe, andranno? Chi sarà il primo a saltare? Chi? Chi! Sostanza fastidiosa, l’attesa! Troppo noiosa per quell’Italia inquieta, assillata dal riscatto della rinascita, passione verace che non lasciava dormire.
- Che c’è Fausto?
Lui non risponde.
- Che c’è Fausto?
- Sandro, non senti la catena come cigola? E’ il Simplex che non corre giusto. Non senti?
No, Sandro Carrea non sente niente e anzi si chiede come il suo capitano possa dentro la confusione che li circonda, sentire una catena cigolare.
Già, c’era tanta confusione sulla Maddalena.
Una confusione infernale.
Fausto!!! Gino!!! Gino!! Fausto, come gridava l’emozione della gente che strillava campioni troppo vicini per non urlare. Frastuono. Motori che sputavano lubrificante, che gracchiavano. Carburatori assemblati male, da fabbrica ricostruita dopo i bombardamenti.
No, non era da leggende quella Maddalena confusa da mille passioni. Era solo via di uomini, sudore, carrozzerie e motori. Davvero, dentro tutta quella confusione Fausto Coppi come poteva pensare alle leggende? Davvero, dentro tutta quella confusione Fausto Coppi come poteva cogliere un cigolio?
- Sandrino, il Simplex cigola!
Carrea sbuffa.
- Sarà un po’ di polvere, arriviamo in cima che poi lo oliamo ‘sto cavolo di cambio francese! - Però, mentre risponde, Carrea si accorge che un po’ più avanti Gino li scruta malizioso probabilmente chiedendosi se in Fausto qualcosa non vada. Sandro è uno che sa difendere il capitano, e capisce che non può dare a Bartali la sensazione che Fausto non sia a posto. Così sbuffando rallenta e si fa superare da tutto il gruppo per aspettare l’assistenza tecnica. E chissà dentro ogni pedalata degli altri che lo superavano Sandro Carrea a cosa pensava sapendo che poi, tutti quelli avrebbe dovuto ricuperarli con il capitano al fianco.
Già, chissà Carrea cosa meditava mentre si sacrificava per il capitano. Se speculava sui capricci di un campione o sull’ubbidienza, dote che per campare un gregario deve garantire. Chissà se Carrea preferì ragionare sul genio di chi vince, o piuttosto sulla miseria di chi l’aiuta. Però, a pensarci bene, Carrea sulla Maddalena come l’Italia nel primo dopoguerra non aveva né la voglia ne’ il tempo per filosofeggiare. Il sudore, ogni sudore, impone pensieri ben più semplici, come maledire la miseria e un po’ anche la passionaccia che fanno fare cose strane, ad esempio sgobbare su una salita con un oliatore in mano in una cavolo di tappa alpina che partiva da Cuneo e arrivava a Pinerolo.
E sì, nel 1948 la Maddalena era una semplice cicatrice di terra, e nessuno pensava alle leggende, anche perchè le Storie con la s maiuscola le scopri solo voltandoti indietro. Non si dice mai sto facendo la Storia. Quello accade solo nelle fiction, che però sono altra roba, fatta per un popolo che guarda i ricordi, non per chi li vive.
Metà salita. Fausto ha il piede a terra e mentre sta oliando la catena d’improvviso alza il capo, richiamato dal gruppo teso come l’elastico di una fionda.
E’ che davanti, un po’ alla furba e un po’ alla vigliacca, hanno attaccato. E’ andato via Volpi e dietro a lui si è agganciato Bartali, furbo e silenzioso. Dentro il cazzotto che colpisce la corsa, dentro lo schiaffo che graffia l’uomo in bianco-celeste, dentro l’orgoglio offeso che lo fa risalire in sella la Maddalena è come una vecchia coperta sbattuta e così nessuno saprà mai descrivere l’espressione del campionissimo mentre si alza sui pedali e parte.
- Adesso sì che la catena gira bene-. urla Fausto, al suo Carrea. Clack!
- Adesso sì - dice Fausto, lasciando il manettino. Clack!
Fausto lo urla per far contento il suo gregario, ma Carrea non può sentirlo. E’ ormai troppo staccato. E per quel giorno, quell’accento un po’ Liguria e un po’ entroterra non lo potranno sentire neanche Gino, ne’ Volpi, ne’ tutti quelli che erano partiti da Cuneo credendosi campioni e che invece sulla Maddalena si sentirono semplicemente superati.
L’airone aveva aperto le ali su quella Maddalena e su quell’Italia che voleva andare avanti, allargando il confine fra passato e futuro stessa differenza che quel dopoguerra imporrà a centro e periferia, nord e sud.
E a noi, che adesso guardiamo da lontano aspettando l’avvento del cambio elettronico come può sembrarci strana la storia di quella Cuneo-Pinerolo in cui nomi semplici e banali come Vars, Isoard, Monginevro e Sestriere si sporcarono di leggenda.
E invece, non ci fu niente di strano. Semplicemente un’Italia che aveva la voglia di scrivere leggende trovò il nome da urlare rialzandosi: quel nome era Fausto Coppi.
Sì. Su quella terra di nessuno chiamata Maddalena, emblema di un mondo che per orgoglio sapeva risalire in sella, il campionissimo insegnò a tutti il significato della parola volare, esattamente come i nostri nonni insegnarono i significati della parola miracolo: scendere in campo, cercare cose nuove senza conservare per paura dell’altro o perdere la poltrona. Giocarsela, vincersela o perdersela lottando disperatamente con l’unico scopo di non morire in un mondo uguale a quello in cui si era nati. Già. Cercare qualcosa di nuovo. Più profondo.
Era ieri. Nell’oggi la Shimano è pronta a lanciare sul mercato il cambio elettronico.
Nella pratica, per chi pedala, sarà sostanzialmente un pulsantino sul manubrio che indurrà un movimento meccanico, calibrato, dolce. Sparirà del tutto il clack e avremo un semplice ZZZ. Sì, avete capito bene. ZZZ, come si dorme nel mondo dei fumetti.
