Qatar: il Mondiale più inutile della storia
In molti lo dicono, il vero Mondiale lo si correrà a Rio. O almeno, per rispettare la cultura ciclista, sarà il Lombardia, il primo di ottobre. Quindici giorni dopo si correrà in Qatar un mondiale facile ma pericolosissimo. Al di là della buona volontà anche finanziaria degli organizzatori, per che cosa?

Che l’Uci, colpo dopo colpo, percorso assurdo dopo percorso
assurdo, stia distruggendo la storia e la tradizione del Mondiale di ciclismo
sembra ormai evidente, che lo voglia o no.
Non funziona più neanche la storia
dell’universalizzazione dei ciclismo, quella c’è già, e la stiamo leggendo
anche in questi giorni, con corse sempre più credibili in angoli e continenti finora mai
raggiunti.
Probabilmente, e semplicemente, quello della maglia iridata è un
brand che non interessa più al grande mercato, con tutte le logiche conseguenze
che questo comporta: offerta finanziaria che giustifica tutto e trascuratezza tecnica.
Comunque, in questa regressione, resta il fatto che il 2016 probabilmente segnerà il punto più basso dell'involuzione.
Uno: perché ad agosto ci sarà un percorso olimpico splendido e
credibile.
Due: perché per ragioni climatiche di sopravvivenza, il Mondiale
arriverà a metà ottobre, quando tutto in Europa si sarà consumato con un Lombardia
sempre più bello e partecipato ad inizio mese.
Tre: perché ci sarà un percorso che come recentemento gli azzurri hanno ricordato minaccia di diventare
una vera e propria mattanza, con caldo estenuante, vento sabbioso, strade strette, e cadute
continue, una gara ad eliminazione fisica, non tecnica, dello stile… non si
ammazzano così anche i cavalli.
Davvero tutto questo al ciclismo serviva?
La federazione dice: non c’erano altri candidati, per forza dovevamo farlo lì. Ma,
ripetiamo, davvero un Mondiale così serviva? Per il rispetto della storia del
ciclismo, no. Per il rispetto dei corridori, dei velocisti, no. Per chi
allora?
La risposta pare scontata, semplice e logica. Diciamola in coro…