Milano Sanremo: il fascino della noia?

La storia è fondamentale per dare valore allo sport e c’è più storia nella Milano Sanremo che in interi campionati, ma… Per poter raccontare una storia, ci vogliono emozioni, e in un trasferimento lungo 300 chilometri si rischia di perdere il fascino vero delle corse

Vittoria francese, a sorpresa, Perchè se Bouhanni era fra i possibili, Demare non proprio. Poi Swift e Roelandts. Una bella volata, ma dopo un viaggio nel nulla di fatto.

Ormai perché ci sia selezione nella Milano Sanremo ci vogliono il maltempo, o le cadute,  e questo non è segno di buon ciclismo. La classicissima sta diventando una corsa che troppo assomiglia ai Mondiali che tanto piacciono all’Uci, piatti, in cui chi ha il coraggio di provarci (sono sempre gli stessi, vedi Vincenzo Nibali, ma anche Visconti) è straosservato e inevitabilmente è ripreso e gli altri abbastanza veloci stanno lì a sperare di scegliere la ruota e la fortuna giusta, che se va bene vinci una delle classiche monumento.

Anche ieri è andata così, con una diretta televisiva interminabile di una corsa in cui non succedeva niente e che è diventata una lunghissima sequela di chiacchere e di attesa, prima dei Capi, poi la Cipressa, poi il Poggio, poi l’arrivo e poi…

Chiacchere. No, il ciclismo non è questo, e  il fascino delle monumento non sta nell’immutabilità del percorso, tutte le altre “sorelle” lo dimostrano.

Bisognerebbe inventarsi qualcosa, come si fa con il Lombardia, prima che il fascino finisca, e ci si limiti a guardare l’arrivo, perché nei 300 chilometri non succede niente.

Lo so, ci vuole coraggio, ma una delle forze affascinanti del ciclismo è anche quella di saper premiare i coraggiosi.