Ardenne, l’Italia s’è desta

L’emozione tutta italiana di Gasparotto non è l’unica soddisfazione che viene dall’Amstel. Contano anche i quattro tricolori fra i primi dieci, oltre alla sensazione che la fine delle pietre dia al pedale italiano capacità etniche diverse.

Grande Gasparotto  e grande un po’ tutto il ciclismo italiano, finalmente, con ben quattro nei primi dieci (oltre al friulano vincente, in vista anche Colbrelli, ottimo terzo, Visconti e Ulissi) e bene o male buona parte degli altri azzurri, sempre ben presenti lì davanti.

Altro clima e peso, quello italiano, rispetto alla prima tornata delle classiche del Nord, evidentemente i sassi ultimamente non sono adatti al dna del nostro ciclismo rinascente, attendendo magari Moscon.

Una bella vittoria, quella di Enrico, preziosa anche per le parole non certo retoriche dedicate a Demoitie, frasi di una saggezza antica, che hanno dato lustro al ciclismo e al suo mondo, con domande sul senso della vita, sulla precarietà, questioni di un corridore a fine carriera (certo se va così…) che ha appena visto andarsene un altro semplicemente perché “il destino è stato diverso”.

Dopo la gioia misurata del vincitore, la rabbia dello sconfitto, non Valgren che probabilmente ha raccolto il massimo piazzamento sperato e possibile, quanto Colbrelli, nettamente il più vivo degli inseguitori, che avrebbe vinto bene senza quei due lì davanti.

Dietro hanno fatto passi di conferma importanti nel ciclismo che conta sia Ulissi che Visconti, mente un brutto stop ha interessato Felline, caduto primo del via e in ospedale per un trauma cranico e frattura al naso.

Comunque l’Amstel ha mostrato che un’Italia giovane e vincente in prospettiva è finalmente tornata, speriamo non si perda di nuovo…