Mi chiamo Husain, e sono tornato

Via ogni dubbio, ogni pensiero, ogni illazione, Bolt è tornato come era Bolt, ieri a Londra. Su una pista non perfetta ha fatto segnare due 9.87 che cancellano ogni dubbio su di lui. E ora, i Mondiali, a Pechino.

La serata per uno che viene dalla Giamaica, e ama il caldo, sembrava di quelle nefaste. Cielo grigio, pioggia, freddo, seppur la pista era quella di Londra  Olimpica, quella di uno dei suoi trionfi, l’ambiente non sembrava aiutare il ritorno ufficiale di Husain Bolt. E anche lui era diverso, come ogni essere umano davanti alle prove decisive. Meno sicurezza, lontana era la sua solita aria guascona, concentrato, preoccupato, attento.

Pechino, il mondiale, è vicino, manca un mese, e Londra, ieri, doveva dare risposte decisive, risposte che però, stamattina, ci sono e danno una certezza: Husain Bolt è tornato, e questo vuol dire che è ancora lui il faro dell’atletica veloce, l’unico non preso nella rete del doping fra i vincenti attuali.

Bolt è tornato, nei tempi cronometrici, con un 9.87 bissato in batteria e finale, che nelle condizioni di ieri sera vale tanto, ed è tornato anche nella dinamica motoria. La falcata, il suo timbro rivoluzionario, è tornato ampia e perfetta come nei tempi migliori, il che vuol dire che il problema all’anca si è risolto al meglio, e proprio al momento giusto.

Ora, se la serata di ieri non è stata un inganno, aspettiamoci da Husain un doppio urlo a Pechino. Qualcosa di importante,  la prepotente ripresa di possesso di un trono che per qualche tempo è sembrato perso. Alla fine, dopo l’ultimo stop sul 9.87, Husain è tornato a scoccare la sua freccia. Bentornato, Bolt, ora sì che forse ci divertiamo…