Murray, campione secondo tradizione

Certo, il numero uno del ranking è lontano, ma se si misurasse il tennis con la propria storia, dopo la vittoria in Davis conseguita praticamente da solo, Murray si meriterebbe un pezzettino di gradino più alto. Per adesso, intanto, Andy si è preso il ruolo di tennista del secolo in Inghilterra, e non è poco.

La finale contro il Belgio non era di quelle impossibili, ma neanche facili, visto che arrivava dopo una finale Atp intensa che Andy avrebbe anche volentieri evitato. Comunque, per intenderci, accanto allo scozzese c’era Edmund, uno messo accanto al numero 100 del mondo, e dall’altra parte una squadra belga non certo malvagia che negli ultimi due mesi aveva lavorato e vissuto solo per la Davis, da combattere su terra battuta con pubblico amico a Gand, con determinazione aggiuntiva annessa.

Il quadro, insomma, è stato quello del Murray solo contro tutti, magari anche un po’ contro quegli interessi  correnti che rendono questo tennis un flusso continuo di match e premi, una formula uno in cui la vecchia insalatiera deco’, e il torneo per nazioni, c’entra poco.

Un cammino solitario e testardo, quello di Andy, se si pensa che quest’anno ha in Davis un undici su undici quasi imbarazzante, a dire della sua concentrazione al traguardo.

Adesso, il trono della storia del tennis inglese è suo. Lo condivide magari con Perry, il campione  contraltare di Lacoste ma mentre l’altro è stato allineato alla sua epoca, Murray la sua grandezza coniugata con la tradizione ha dovuto sudarsela andando controcorrente in un tennis sempre più digitale.

Bene o male, comunque, per un tennis globalizzato che ha comunque ancora un senso nazionale, ora Andy ha l’Inghilterra ai suoi piedi. Dopo aver nel 2013 aver riportato il trofeo di Wimbledon a casa, lo scozzese si è ripetuto con la Davis. D’altra parte, a dire quanto Murray senta la nazionalità, è anche il ruolino globale in Davis.

Con la maglia della Union Jack, Murray ha 29 vittorie e due sconfitte (fra cui quella con Fognini a Napoli che un po’ ci dà soddisfazione) e questo è assai indicativo.

Adesso, il tennis grande va a riposo. Un letargo lento che magari oltre al relax può dare anche qualche spazio di meditazione. un po' sul doping, un po' sul senso della Davis, un po' sul senso dello sport, con una genarazione di straordinari atleti magari inevitabilmente al tramonto, e un'altra che non è ancora ben delineata all'orizzonte, tempo per qualche novità magari c'è.