Tennis e scommesse, e se fosse tutto vero cosa rimarrebbe?
La fonte è la BBC e visto che le principali multinazionali del gioco sono inglesi che nella “soffiata” ci sia della sostanza è plausibile. In pratica, 16 giocatori sui primi 50, per denaro, avrebbero aggiustato match, grande slam compreso. Per la credibilità del tennis c’è molto in gioco, forse tutto.

Le società di scommesse insegnano che lo sport ideale su cui far muovere il denaro è quello che presenta eventi quotidiani che coprano il più largo arco di tempo possibile, che diano emozione ma anche singolarmente siano temporalmente limitati (si chiudano in poche ore).
Ora, che queste caratteristiche, ancor più dell’ippica, sport della scommessa per eccellenza, corrispondano ai connotati del tennis, è evidente.
E’ essenzialmente questa adeguatezza tecnologica alla scommessa la sostanza che fa ragionevolmente ritenere che del “marcio in Danimarca”, inteso come mondo del tennis, potrebbe davvero esserci.
Il resto del discorso è ora trovare le prove. Vedremo se arriveranno, comunque se la teoria dovesse materializzarsi in realtà, il circuito Atp ne uscirebbe distrutto nella credibilità e da ricostruire non solo nel ranking.
A seguito delle rivelazioni, una conferma autorevole è arrivata. Quella di Djokovic, che ha raccontato che nel 2007 è stato avvicinato dai clan con una offerta di 200.000 dollari per sistemare una partita a San Pietroburgo,, richiesta rispedita al mittente perchè infrangeva "il valore etico dello sport".
Gli avevano offerto 200.000 dollari per poche ore di lavoro. Tanti soldi, davvero tanti. Perchè Nole allora non abbia denunciato il tutto potrebe suggerire che alla fine, qualcosa, dalle parti del circuito è considerato normale, anche se non si aderisce.
E allora, facciamo che veramente, davanti a tali offerte, 16 su 50 abbiano qualche volta detto sì ai taroccamenti. E facciamo che fra di loro ci siano anche nomi grossi grossi. E facciamo che la Atp riesca a spiegare come mai una indagine del 2007 sia rimasta sotto traccia, e nonostante certi nomi siano progressivamente usciti, essi abbiano continuato a giocare come niente fosse, vincendo, perdendo, appassionando.
Se tutto questo fosse vero, del tennis vero, cosa rimarrebbe in piedi?
Probabilmente quasi nulla del circuito finanziario, poco di quello tecnico. Ma comunque i Nole Djokovic, i Federer (che giustamente vuole i nomi), o i Murray, tutti quelli che hanno saputo dire di no, comunque, sì, resteranno.
Cioè, rimarrebbero gli uomini, quelli che ad un circuito per molti versi artificiale hanno dato storie e valori non solo tecnici, finanziari ma anche sportivi. Quelli che hanno scritto storie, umane e agonistiche, degne di essere raccontate anche domani, non racchiuse in infinite tabelle numeriche.
Insomma, rimarrebbero i campioni veri, la loro storia e un mondo da ricostruire (ammesso si voglia ricostruirlo e non si spari unicamente contro i soliti colpevoli di facciata, magari giocatori alle soglie del ritiro).
Sì, lo scandalo trovasse conferme, cadrebbe tutto il tennis del presente, almeno nella
credibilità ma ci rimarrebbe comunque uno sport secolare e gli uomini che
hanno scritto la sua storia contemporanea.Qualcosa da cui ripartire, insomma, ci risarebbe.
Ma non solo questo. Cos’altro?
Fatevi un giro nei 3100 circoli d’Italia, la sera, e nei week end, e vi accorgerete che un po’ di altra "sostanza" destinata a rimanere, e da cui forse ripartire, nonostante tutto, il tennis ce l’ha!
Dategli voi un nome.