Italia: addio olimpiadi e generazione perduta

Peccato, c’era tutto stavolta per tornare in alto. Una federazione capace di investire con il preolimpico casalingo con un pubblico immenso, il miglior tecnico italiano a livello internazionale e la squadra “con maggiore talento dell’ultimo ventennio”. Tutto questo però non è bastato per arrivare a Rio.

Passa la Croazia, con merito. Come ha detto Melli, una della note assolutamente positive del torneo, l’Italia è arrivata a 6 punti da Rio. Pochi, ma c’erano. Il problema, probabilmente, sta proprio in chi non è riuscito a segnare quei sei punti.

Nulla da dire sulla coesione difensiva azzurra, e sulla voglia di vincere. Rabbia e determinazione c’erano. Sono mancati quei tre canestri, la capacità di determinarli, con un finale convulso e incoerente, che ha un po’ ricordato quella palla della vittoria sprecata che è costata la qualificazione agli europei (e Rio) e che ha portato alla sostituzione di Pianigiani.

E’ mancato, in poche parole, la sostanza squadra vincente fino in fondo.

La Croazia si è dimostrata tale, e ne è testimone il tabellino, con 3 top intorno ai 20 punti (Simon, Bogdanovic e Saric), atleti in grado di essere, alternativamente,  il riferimento affidabile del quintetto.   

Lo sfarfallio di marcatori italiano intorno ai 10 invece è indice di una alternanza all’affidabilità non certo di un gioco fantasioso

I singoli "top player" hanno tenuto assieme la partita alternandosi ma anche, alternativamente, perdendo occasioni. Una confusione offensiva difficile da gestire, con di più il peso di troppi falli dietro, a gravare.

Forse Gallinari ha fatto vedere di essere quello che doveva essere, l’autorevole riferimento, ma lui alla fine si è beccato il quinto fallo e Belinelli si è preso un po’ troppo la squadra sulle spalle, sbagliando.

Non pevenuto Bargnani, ancora troppo silenzioso Datome, acerbo Gentile, Melli non è bastato. Aradori non poteva essere l'uomo della svolta, tatomeno Cusin.

Di fronte a questo sfarfallio, la Croazia è stata la più certa, quella che ha sbagliato di meno, una squadra con basi solide fino alla fine del supplementare.

In fondo se a Rio non ci andiamo, è perché siamo stati meno "vincenti" dei croati e non abbiamo dato fondo all’invocazione di Gallinari dopo gli Europei: siamo stufi di perdere.

L’altra sera a Torino Datome ha detto: purtroppo continuiamo a perdere. Ecco, la preoccupazione vera è che se questo avviene con questa nazionale di talenti non più giovanissimi e con Messina in panchina, il futuro che si intravede sembra ahimè piuttosto grigio.